G.A.F.
Guardia alla frontiera
Attiva | Dicembre 1934 –1953 |
Nazione | Regno d’ Italia -Italia |
Tipo | |
Ruolo | Guardia di confine |
Dimensione | 6500 ca. |
Comando | Moncalieri (TO) |
Soprannome | Confinaria |
Motto | “Dei sacri confini guardia sicura” |
Parte di | |
Guardia nazionale repubblicana | |
Reparti dipendenti | |
27 Settori, a loro volta suddivisi in sottosettori |
Storia
La difesa dei confini dell’Italia era affidata prima degli anni ’30 a Guardia di Finanza, Carabinieri e Milizia confinaria (costituita nel 1927, da una diramazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale – MVSN).
Il 4 dicembre 1934[2] fu costituita la Guardia alla Frontiera, che comprendeva reparti di genio, artiglieria e fanteria. La Guardia alla Frontiera aveva il compito di proteggere i confini presidiando il sistema di fortificazioni del Vallo Alpino. Nello stesso anno il capo di stato maggiore dell’esercito decise di trasformare 5 reggimenti d’artiglieria d’armata in altrettanti reggimenti artiglieria G.a.F.; alla G.a.F. furono quindi affidati circa un migliaio di opere difensive del Vallo Alpino.
Nel maggio del 1937, il generale Alberto Pariani dispose la trasformazione di 5 reggimenti di artiglieria d’armata. La struttura assunse nel corso del 1938 larga autonomia e fu riconosciuta in via ufficiale il 28 aprile 1937, attraverso il regio decreto legge n° 833 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 139 del 17 giugno 1937.
Alla fine del 1939, da Ventimiglia a Fiume la G.a.F. comprendeva 8 comandi, 27 settori, 7 reggimenti d’artiglieria, 20.000 uomini, 1.000 fortificazioni, 6.000 mitragliatrici, 1.000 mortai, 100 cannoni contro carro 47/32, ed un altro migliaio di altri cannoni di medio e piccolo calibro (75/27 e 149/35).
«La G.a.F. è la “scogliera” contro la quale ogni cozzo è destinato a frantumarsi»
(Maggiore O. Guida, 1939)
Al 10 giugno 1940 (all’entrata in guerra dell’Italia) la G.a.F. era composta (non considerando colonie, la Libia occidentale ed orientale e l’Albania) da 23 settori, 50.000 uomini, 28 battaglioni alpini “valle”, 22 battaglioni di camicie nere.
Da ogni comando d’armata della G.a.F. dipendevano Settori di copertura (27 settori di copertura, dal I al XXVII, lungo la linea di confine; i settori XVIII, XIX e XX non furono mai realizzati), i quali si potevano scomporre in “sottosettori”, quindi in “gruppi di capisaldi” e via via per unità sempre minori. Ogni comando di settore aveva due o più Sottosettori che a loro volta avevano alle dipendenze delle opere fortificate. Queste opere erano presidiate da militari di Fanteria, Artiglieria, del Genio. Nonostante la G.a.F. avesse natura prevalentemente statica, alle sue dipendenze furono messe anche 5 compagnie di carristi, equipaggiate con carri leggeri Fiat 3000 che nel tempo, sia per l’anzianità, sia per la mancanza di pezzi di ricambio, finirono in buona parte abbandonati nei magazzini dei Settori o interrati per utilizzarli come piccole opere difensive.
Lapide commemorativa caserma Italia Tarvisio
Un importante episodio vide protagonista la Guardia alla Frontiera ed avvenne nella notte fra l’8 e il 9 settembre 1943 quando, subito dopo la firma dell’Armistizio di Cassibile ed il messaggio al Paese da parte del Maresciallo Pietro Badoglio presso la caserma “Italia” di Tarvisio (UD), dov’erano reparti dell’XVII Settore, il col. Giovanni Jon, piemontese, fece suonare l’allarme per far rientrare tutti i soldati e, riuniti sul piazzale della caserma, spiegò loro il proclama di Badoglio concludendo con: ‘…ragazzi, per noi la guerra comincia adesso e, se i tedeschi verranno all’attacco noi risponderemo alle loro armi con coraggio e decisione. “Siamo le guardie alla frontiera le sentinelle avanzate della Patria e faremo il nostro dovere” , nessuno obiettò, i 300 uomini di stanza tennero testa per sei ore ai tedeschi, sostenendo un duro attacco condotto da un reggimento di ‘Waffen-SS’.
Alla fine degli scontri si contarono 24 morti e 48 feriti.
Una lapide posta all’ingresso della stessa caserma ricorda l’evento.
Nel dopoguerra la specialità non venne riattivata. Negli anni ’50 i sistemi fortificati già in utilizzo alla G.a.F. vennero in parte riattivati e migliorati in funzione delle nuove tecniche di difesa NBC (Nucleare-Batteriologica-Chimica) su approvazione e con piani e finanziamenti NATO come primo fronte di difesa del confine Nord-Orientale considerato parte sensibile rivolgendosi in direzione dei Paesi della Cortina di Ferro. Dagli anni 1952 e 1953 tali sistemi vennero affidati ai “raggruppamenti battaglioni da posizione”.
Dal 1º gennaio 1957 i reparti subirono varie trasformazioni fino ad assestarsi nel 1962, a seconda dei territori di competenza, in:
- Alpini d’Arresto
- Fanteria d’Arresto
Che quindi, di fatto, saranno gli eredi della G.a.F. finché si sciolsero definitivamente dal 1989 al 1992 dopo il crollo della Cortina di Ferro.
Struttura della Guardia alla frontiera
Lo stesso argomento in dettaglio: Settore di copertura.
A capo della Guardia alla frontiera vi era il “Comando della Guardia alla frontiera di corpo d’armata”, il quale comprendeva il comandante ed il personale del comando di corpo d’armata ed aveva potere sui settori di copertura dislocati nel territorio assegnato al corpo d’armata). Ogni settore di copertura era costituito da:
- Comando di settore;
- 2 (o più) sottosettori;
- 1 (o più) gruppi di “batterie sempre pronte” (S.P.);
- 1 (o più) batterie sempre pronte (eventualmente);
- 1 reparto misto genio;
- 1 deposito settoriale;
- personale dei servizi.
Ogni sottosettore, retto da un tenente colonnello, era costituito:
- comando di sottosettore;
- 1 (o più) gruppi di capisaldi e/o capisaldi autonomi;
- 1 (o più) “batterie sempre pronte” (eventualmente);
- personale di controllo alle frontiere (carabinieri reali, Regia guardia di finanza, camicie nere confinarie);
- 1 magazzino di sottosettore.
Il raggruppamento di capisaldi avveniva unicamente qualora la conformazione del terreno lo avesse reso necessario e, in caso di mancanza di un tenente colonnello, il comando del sottosettore era assunto dal più alto in grado delle forze di frontiera.
Composizione della Guardia alla frontiera
La Guardia alla frontiera era composta da unità del genio, di artiglieria e di fanteria.
Le unità della fanteria comprendevano, oltre i già menzionati capisaldi e gruppi di capisaldi, anche i centri, ossia opere fortemente protette che permettevano la sopravvivenza degli uomini al loro interno anche in caso di accerchiamento da parte del nemico per svariate settimane, gli appostamenti protetti che, a differenza dei centri, non permettevano la sopravvivenza della truppa in caso di accerchiamento, ed i nuclei campali, ossia le unità destinate al funzionamento di mitragliatrici, cannoni, mortai d’assalto collocati allo scoperto od in postazioni semplici.
Le unità dell’artiglieria comprendavano reggimenti in gruppi, “batterie sempre pronte” (S.P.), raggruppate anche a due o più in “gruppi di batterie sempre pronte” che potevano entrare in azione in qualsiasi momento, anche in tempo di pace, e depositi.
Il reparto misto del genio comprendeva al suo interno tutte quelle specialità (elettricisti, telegrafisti, fotofonisti, telefericisti, ecc.) che potevano permettere alla Guardia alla Frontiera di svolgere regolarmente tutte le attività previste.
Addestramento
I militari della Guardia alla frontiera erano addestrati come se fossero Alpini: ovvero con lunghe marce su sentieri montani, l’uso degli sci, arrampicate, ma soprattutto uno stile di vita essenziale, per abituare i militari a dover vivere in un’opera difensiva permanente.
Uniformi
Le uniformi usate dalla G.a.F. erano quelle Regio Esercito; i copricapo erano il berretto rigido con visiera ed il cappello alpino, ma quest’ultimo si differenziava da quello degli Alpini perché aveva il fregio della Fanteria o dell’Artiglieria o del Genio, contenendo nel tondino il numero del Settore di copertura espresso in numeri romani, ed avendo la nappina di lana per la truppa e metallica per Ufficiali e Sottufficiali ma priva della penna nera; per questo motivo nell’ambiente degli Alpini la G.a.F. veniva soprannominata “la vidoa” (la vedova).
Le mostrine erano verdi ad una punta con bordo giallo per l’Artiglieria o bordo amaranto per il Genio.
Sulla manica sinistra della giacca veniva cucito uno scudetto metallico, o talvolta in tessuto ricamato, nel quale il numero del Settore di Copertura era contenuto in un cartiglio sovrapposto ad un gladio.
Curiosità
Al corpo della G.a.F. è stato affibbiato il nomignolo di “Vidoa” (dal piemontese, “vedova“), in quanto il copricapo uguale a quello delle truppe alpine non era però provvisto della penna nera che contraddistingue il corpo degli Alpini.