FAL BM59
Tipo di arma | Fucile d’assalto automatico |
Paese di Origine | Italia |
Impiego | |
Corpi/Reparti E.I. | Esercito Italiano |
Conflitti | Guierra civile Libano |
Guerra civile Somalia | |
Produzione | |
Azienda/Arsenale | Ing. Domenico SALZA (progetto) – Beretta (I) |
Data di produzione | 1959-1970 (Mercato civile 1962-1980) |
Varianti | |
BM59 Modello I, con calcio in legno. Conosciuto in Italia come “ITAL” e sul mercato estero come “BM59 Mk-1“. | |
BM59 Modello II con calcio in legno e impugnatura a pistola per migliorare la tenuta da parte dell’operatore nel tiro automatico. Conosciuto sul mercato dell’esportazione come “BM59 Mk-2”. In Italia non è mai stato impiegato militarmente, ma è stato venduto in quantitativi molto significativi all’esercito della Nigeria, divenendone per un certo periodo il fucile d’ordinanza e guadagnandosi anche l’appellativo di “Nigerian Type”. | |
BM59 Modello III, con calcio metallico ripiegabile e impugnatura a pistola, progettato appositamente per gli Alpini Italiani e conosciuto dunque in Italia come “ITAL-TA” (TA per “Truppe Alpine”). Una variante del modello III, chiamata “ITAL-Para’, o ‘TP“, è specificamente destinata alle truppe paracadutiste, e come tale utilizza un tricompensatore asportabile per ridurre ulteriormente le dimensioni e facilitare gli aviolanci. Conosciuto sul mercato dell’esportazione come “BM59 Mk-3“. | |
BM59 Modello IV, con canna pesante e calcio in plastica, era studiato come arma di supporto nel ruolo di mitragliatrice leggera di squadra. Conosciuto in Italia come “ITAL-Pesante” e sul mercato dell’esportazione come “BM59 Mk-4”, non è mai stato effettivamente utilizzato né tanto meno acquisito in quantitativi significativi dalle Forze Armate italiane. Ancora una volta, il principale sbocco commerciale di questo modello fu la Nigeria, che lo produsse anche localmente negli arsenali governativi (DICON), così come il Modello II, per la maggior parte assemblandolo con parti importate dall’Italia |
BM62, variante per il mercato civile, capace di solo tiro semi-automatico (a colpi singoli e non a raffica), era equipaggiato di un caricatore della capacità di soli cinque colpi calibro .308-Winchester, ed era privo sia del bipede ripiegabile che del caratteristico “tricompensatore”, ovvero del manicotto, fisso sui modelli I, II e IV e rimovibile nel modello III, che funge ad un tempo da spegnifiamma, freno di bocca e lanciatore per le granate a codolo, sostituito da un rompifiamma diverso, fisso (non sostituibile col “tricompensatore”) e che non consente il lancio di artifizi. La Beretta ne produsse poco più di tremila pezzi per il mercato civile italiano;
BM62 equipaggiata sia del “tricompensatore” militare che dell’originale caricatore da 20 colpi, fu assemblata dalla ditta statunitense Springfield Armory, inizialmente con parti importate dall’Italia poi interamente in loco con macchinari acquistati dalla Beretta, e fu venduta sul mercato civile americano durante gli anni ottanta (nello stesso periodo la Springfield Armory assemblò un certo quantitativo di BM59 a raffica). Più recentemente, la NUOVA JAGER srl ha immesso sul mercato civile italiano un’arma molto simile ma ulteriormente demilitarizzata, chiamata M-99, assemblata con Garand trasformati e parti di BM59 surplus, modificato nelle componenti meccaniche con lo stesso procedimento utilizzato dalla BERETTA per la versione civile BM62
Caratteristiche tecniche | |
Peso | 4,8-5,3 kg |
Lunghezza canna | 650 mm |
Calibro | 7,62 |
Munizionamento | 7,62 NATO |
Azione | A recupero di gas con pistone a corsa lunga |
Cadenza di tiro | 800 c/min in tiro automatico |
Velocità alla volata | 850 m/sec. |
Tiro utile | semiauto c/ bipiede 500-800 mt. Autom.c/ bipiede 500 mt. |
Gittata max. | 3000 mt. |
Alimentazione | Caricatori prismatici 20 cartucce |
Organi di mira | Diottra regolabile + mirino fisso |
STORIA
Anni ʼ50. L’Europa si sta lentamente risollevando dall’immane catastrofe della Seconda guerra mondiale che già nuove dense nubi di conflitto si accalcano all’orizzonte: c’è la NATO, il “Pericolo Bolscevico”, in due parole la Guerra Fredda. Agli Stati Uniti, Leader dell’alleanza atlantica, all’improvviso lo status di sconfitti di Germania e Italia non interessa più. Ora è consentito, anzi imperativo, riarmarsi e organizzarsi al meglio. È qui che prende il via la nostra storia, o per meglio dire la storia dell’arma che ha modernizzato l’equipaggiamento individuale dell’Esercito Italiano già in quell’epoca, in cui potenze militari ben più grandi si dibattevano alla ricerca di un candidato ideale. Si parla ovviamente del F.A.L. Beretta BM59, il nostro “Fucile Automatico Leggero”.
Come si diceva, all’epoca erano gli Stati Uniti a calare dall’alto le decisioni in quanto a standardizzazioni NATO (non che oggi sia cambiato molto, bisogna dire), e gli USA non volevano assolutamente rinunciare al .30-06 Springfield, il calibro del loro fucile M1 Garand, quello con cui avevano schiacciato la tirannide nazifascista in Europa e soffocato le crudeli ambizioni di dominio giapponesi sul fronte del Pacifico. E si dà il caso che allora, cioè agli inizi degli anni ʼ50, il Garand M1 calibro .30-06 fosse anche il fucile d’ordinanza dell’Esercito Italiano, che ne era stato equipaggiato in grandi quantità dagli Stati Uniti e la cui produzione era iniziata su licenza anche presso la Beretta.
Ma la modernizzazione, per la NATO, era inevitabile: il “nemico”, il blocco sovietico, stava infatti equipaggiandosi col fucile d’assalto Kalashnikov AK47, all’epoca sicuramente la migliore arma individuale del mondo, camerata per una cartuccia intermedia dall’ottimo potere d’arresto ma soprattutto controllabilissima nel fuoco a raffica, il che significava che, nel potenziale “scontro” tra est e ovest, ogni singolo soldato del Blocco avrebbe avuto tra le mani un’arma capace di tiro in modalità automatica, con autonomia e volume di fuoco soverchianti fino a quasi 300 m di distanza. Si doveva trovare un compromesso: da una parte la necessità di dotare le truppe di un’arma individuale moderna, a fuoco selettivo; dall’altra, la necessità di accontentare la volontà americana di mantenere una cartuccia a grande gittata, precisione e potere d’arresto quale la .30-06 che a dire la verità non era poi tanto male, a parte il fatto che mal si conciliava con la portabilità e la controllabilità nell’uso con armi a raffica. Cosa che ben sapevano i poveri fantaccini USA che nella Seconda guerra mondiale prima e nella Guerra di Corea poi avevano avuto in dotazione, come arma di supporto leggero, il Fucile Automatico Browning, ovvero il BAR: primo fulgido esempio del genere, usava un caricatore da venti colpi calibro .30-06, ma l’unica cosa che lo rendeva effettivamente utilizzabile nel tiro a raffica era il peso immane, all’incirca 10 kg.
L’Italia, invece, era… l’Italia, povera di mezzi e risorse, che doveva ricorrere al tipico “arrangiamoci paisà”. In questo frangente, gli incaricati dell’ “arrangiarsi” furono un manipolo di ingegneri Beretta capitanati da Domenico Salza e Vittorio Valle. Salza, in particolare aveva sostituito come capo ingegnere alla ditta di Gardone nientemeno che Tullio Marengoni, il papà del MAB; e aveva già dato prova della sua genialità nel prototipare una serie di pistole-mitragliatrici a otturatore telescopico. All’epoca la Beretta produceva una serie di carabine a raffica calibro .30-M1 basate su questo sistema, e nel giro di qualche anno il suo lavoro avrebbe giunto il culmine con la nascita del mitra PM12. Al Team di Salza e Valle fu dato l’incarico di sviluppare per le FF.AA. italiane un fucile automatico leggero, moderno, che soprattutto fosse facile ed economico da produrre con quello che già si aveva. E quello che già si aveva era qualche centinaio di migliaia di Garand, di fabbricazione USA e italiana, oltre ai macchinari per la produzione.
I primi prototipi vennero sotto forma di Garand semplicemente riconvertiti in 7’62×51, prima alimentati solo a lastrine, poi con l’uso di un caricatore amovibile della capacità di 20 colpi. Ma non bastava. L’opera fu compiuta solo con l’implementazione del fuoco a raffica tramite un sistema di funzionamento a recupero di gas e un selettore di tiro; il sistema era apribile, dato che l’arma era dotata di un tromboncino di diametro NATO per il lancio di artifizi, tra cui le famose granate Energa; per utilizzare l’arma come lancia-granate bisognava camerare speciali cartucce a salve e aprire il sistema di presa di gas, cosa che avveniva semplicemente alzando la tacca di mira a foglietta per le granate posizionata sulla parte anteriore. Il fucile era dotato anche di un bipede metallico ripiegabile sotto la calciatura in legno, e rimovibile se necessario. Era nato il fucile Beretta Modello 1959, o BM59 per farla breve, che fu adottato immediatamente dall’E.I. e a seguire dalle altre FF.AA. dello Stato e dalle Forze dell’Ordine.
Alla fin fine, Salza e compagnia erano arrivati a un risultato molto simile a quello ottenuto dagli americani con lo M14; ma la cosa stupefacente è che l’avevano fatto da soli, senza prendere spunto dai progetti USA, e senza spendere il tempo e il denaro che lo Zio Sam aveva gettato nel progetto
Graduato di Fanteria Arresto armato di BM59 Alpini durante addestramento in percorso di guerra
La culatta del BM59: è evidente la diretta derivazione M1 Garand
Finestra dʼespulsione aperta: primo piano di elevatore del caricatore e vivo di culatta
Ancora un primo piano a finestra dʼespulsione
aperta, stavolta della testina dellʼotturatore Garand
Il pozzetto del caricatore:
la capacità massima era di venti colpi
Quattro furono le varianti del BM59: il modello “Ital”, cioè quello di base con calciatura piena, destinato alla fanteria convenzionale; il modello “Ital-TA” per le truppe alpine, con impugnatura a pistola e calcio pieghevole in lamiera stampata; il modello “Ital-Paracadutisti”, col tromboncino lanciagranate amovibile; e il modello “Ital-Pesante”, una versione mitragliatrice d’appoggio con impugnatura a pistola, canna pesante e calcio fisso in legno con poggiaguancia. Questa versione fu quella di più scarso successo, mentre le altre tre furono adottate in grandi numero dalle nostre Forze Armate nonché vendute all’estero: Argentina, Indonesia e Marocco sono solo tre dei paesi stranieri che ne acquistarono alcune quantità. A livello internazionale, i quattro modelli del BM59 sono conosciuti rispettivamente come BM59 Mk1, Mk2, Mk3 e Mk4.
Nelle versioni con calciatura fissa uno scomparto apribile allʼinterno del calciolo ospita il “multitool” in dotazione, comprendente uno scovolino per la pulizia, chiavi di regolazione per lo spillaggio del gas e per le tacche di mira, e per lo smontaggio
Conosciuto come FAL dalle nostre FF.AA., l’omonimia col fucile belga deriva dall’acronimo, che in entrambi i casi significa “Fucile Automatico Leggero”; questo anche se l’uso massiccio, per risparmiare, di legno e lamiera stampata nel “nostro” FAL lo rendesse leggero solo di nome, coi suoi 4 kg e passa di peso. Le truppe gli appiopparono il nomignolo affettuoso di FAP, cioè “Fucile Automatico Pesante”. Il peso tuttavia non era esattamente un problema, anzi: con un’arma leggermente più corta e una cadenza di tiro pratica più lenta di quella dell’omologo americano M14, il peso aiutava a controllare il tiro a raffica e lo rendeva più pratico nell’uso per cui era stato concepito, quello di vero e proprio fucile d’assalto. Senza contare che i due modelli per Truppe Alpine e Paracadutisti, col calcio pieghevole, si rivelarono di gran lunga più leggeri e maneggevoli del modello base e furono per questo molto popolari. Persino negli USA la Springfield Armory volle, poi, assemblarne alcune quantità per il mercato interno.
Spaccato del BM59, dal manuale dʼistruzioni in lingua inglese per lʼexport
Il nostro, di mercato interno, dovette invece attendere che di questa micidiale “arma da guerra” la Beretta si decidesse a sviluppare una versione civile, il BM62, capace di solo fuoco semiautomatico e privo di tromboncino lanciagranate, oppure col tromboncino tornito per impedire l’alloggiamento di artifizi. Per la gioia del mercato civile passato e presente, versioni “civilizzate” del BM59 sono state rese disponibili anche dopo il breve corso di produzione (circa 3000 pezzi in tutto) del BM62: ultimamente anche la Jager di Armando Piscetta ha commercializzato il suo M99, in pratica un BM62 assemblato con parti di BM59 demilitarizzati.
Certo, rispetto alla stragrande maggioranza delle armi militari dell’epoca, dal Kalashnikov fino al CETME/HK-G3 e allo FN FAL, il nostro BM59 era un’arma di concezione “classica” come lo M14 americano, a meno di non eccettuare la popolarità delle varianti con calcio pieghevole che meglio si adattavano alle necessità della guerra moderna (dell’arma americana, le varianti con calciolo pieghevole si fermarono allo stadio di prototipo). Ma il nostro FAL non sfigurava in confronto ai G3 e ai FAL che costituivano il grosso dell’armamento NATO nonché dell’Europa occidentale, dato che le uniche altre “mosche bianche” erano Francia e Svizzera, rispettivamente coi MAS M49/56 e i SIG Stgw-57: ma questi erano casi a parte, la Svizzera non era (e non è) parte della NATO, e la Francia ne sarebbe uscita a breve.
Vista dal lato destro del Beretta BM59
Fante italiano al tiro col BM59 munito di calcio pieghevole
Il BM59 fu fido e inseparabile compagno del rinnovato Esercito Italiano per oltre trent’anni. Oltre alle centinaia di migliaia di ragazzi di Naja che l’imbracciarono durante il loro anno di servizio, il BM59 si meritò appieno la sua fama di arma robusta e affidabile nelle missioni all’estero che caratterizzarono l’impegno internazionale italiano dagli anni ʼ70 in poi; di queste, il teatro operativo più importante fu senz’altro la missione ITALCON in Libano con le forze di stabilizzazione ONU, dal 1982 al 1984; anche lì a fare la parte del leone fu la versione con calcio pieghevole, in uso presso le truppe paracadutiste e i Lagunari che costituivano l’ossatura della nostra missione in terra libanese. Ma il “nostro” fu occupato anche sul fronte interno: mio padre, studente a Genova negli anni della contestazione, ricorda sin troppo bene i poliziotti della Celere che usavano i BM59 per lanciare artifizi antisommossa di tipo Energa
Fante in esercitazione, con il BM59 “Ital-TA” in posizione di tiro defilato
Il BM59 fu utilizzato dalle Forze dell’Ordine durante tutti gli sciagurati “Anni di piombo” su scala sempre più ampia per contrastare il terrorismo rosso e nero, e l’ultimo impiego di ordine pubblico lo vide non troppo tempo fa, nel 1992, con l’operazione “Vespri Siciliani”: la rabbiosa risposta alla tracotanza mafiosa che aveva strappato la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e aveva iniziato un’autentica campagna di terrore per costringere lo Stato a scendere a patti. Il BM59 nelle mani dei soldati che pattugliavano la Sicilia si rivelò un efficace strumento deterrente, e aiutò considerevolmente a mantenere l’ordine pubblico sicché le Forze dell’Ordine furono libere di dedicarsi alle attività investigative, con una escalation di arresti fino alla cattura dell’allora capo dei capi, Totò Riina. Si può ben attribuire al BM59 anche questo merito.
Al tricompensatore del BM59
poteva essere innestata la baionetta di dotazione
Solo alla fine degli anni ʼ80 arrivò la pensione per il nostro FAL; la sostituzione avvenne gradualmente e il processo durò circa dieci anni, il nuovo arrivato era un altro prodotto Beretta, la serie di fucili 70/90 calibro .5’56x45mm-NATO consistente nelle due versione lunghe (AR con calcio fisso e SC con calcio pieghevole) e nelle carabine SCS e SCP: modernizzazioni della prima serie di armi Beretta in calibro leggero, quelle AR70/.223 che già da parecchi anni era in dotazione all’Aeronautica Militare per la Vigilanza e ai corpi speciali di Polizia, Carabinieri e FF.AA. Con l’avvento del 70/90 tuttora in servizio, il BM59 è stato spostato a riposare negli arsenali. A tutt’oggi ricopre un posto di “riserva”, nonché d’arma da addestramento, sostituendo in tal ruolo i fucili Garand M1 da cui deriva e che venivano usati nel CAR quando era proprio il BM59 a essere arma di punta.
Parà in riga, pronti allʼesercitazione di lancio:
notare la compattezza delle versioni
da paracadutista del BM59 con tricompensatore rimosso
Il BM59 non è stato certo dimenticato, soprattutto oggi che l’aggravarsi della situazione internazionale spinge molti operatori impiegati nei teatri di conflitto internazionali a lamentarsi delle scarse prestazioni delle loro armi camerate per cartucce leggere. A molti dei nostri soldati in Afghanistan e Iraq piacerebbe avere un BM59 nella versione con calcio pieghevole al posto dello AR70/90 in dotazione… e in effetti qualche operativo è riuscito a farselo mandare. Soprattutto il FAL, venuto su in pochi mesi e con pochi soldi in quel di Gardone Val Trompia, resta nel cuore dei veterani del CAR e delle Forze Armate in generale nonché negli armadi di quei pochissimi fortunati che hanno avuto il privilegio di essere titolari di licenza di collezione per armi da guerra prima dell’avvento della Legge 110/1975. Il fucile che vedete su queste pagine proviene proprio da una di queste collezioni.
Nonostante non fosse la variante più numericamente abbondante nei nostri arsenali, il BM59 “Ital-TA” fu sicuramente il preferito tra le truppe di prima linea e quelle impegnate nelle missioni allʼestero, per via della sua superiore manovrabilità e del minor peso
Per tutti gli altri, non resta che cercare nelle armerie e negli annunci di vendita di armi usate, sperando di poter mettere le mani, per un prezzo congruo, su un BM62 o un’altra variante demilitarizzata. Con una speranza: con l’avvento del 70/90 e l’uso del BM59 come arma d’addestramento, per i Garand ancora in armeria è iniziato un processo di alienazione ai civili. Se, come si pensa, anche il 70/90 è quasi giunto al capolinea, con l’avvento della nuova arma esso potrebbe passare al ruolo di addestramento e allora le migliaia di BM59 in mano all’esercito si potrebbero demilitarizzare e alienare tramite gli enti preposti e i privati autorizzati… ma forse sto solo sognando. In fondo, questa è l’Italia.
Oltre allʼimpiego di caricatori amovibili, il Beretta BM59 poteva essere ricaricato con lastrine da dieci colpi ciascuna
Lo sgancio del caricatore avveniva
tramite una leva piatta posta sulla parte posteriore del pozzetto
Un a delle caratteristiche più note del BM59: il “tricompensatore”, che oltre a fungere da rompifiamma e freno di bocca serviva anche per il lancio di granate da fucile tipo “Energa”.
Fanteria Arresto
I reparti di Fanteria d’Arresto ebbero in dotazione il FAL Ital ( calcio in legno) per tutte le squadre assaltatori difesa vicina e il FAL BM59 TA ( alpini) per alcuni incarichi es. 30/B addetto alla situazione operativa.
Giudizio
Come non ricordare il FAL BM59 nelle sue varianti come un fedele compagno, pesante da portare, ma sicuro compagno nei turni di guardia quando accompagnò molti giovani di 20 anni a diventare uomini! VOTO 10